Già nel 1982 si parlava di sviluppo no-code
James Martin proprio in quell’anno ha pubblicato un libro dal titolo “Sviluppo di applicazioni senza programmatori“.
350 pagine in cui egli stesso affermava che la tecnologia stava andando così veloce che il rapporto tra numero di sviluppatori ed numero di pc diventava sempre più piccolo e quindi in un futuro più o meno prossimo ci sarebbero state delle tecnologie che avrebbero sostituito in parte la presenza di uno sviluppatore.
Il 1982, il medioevo della tecnologia
I primi pc iniziavano a diffondersi, le aziende investivano in nuove tecnologie per automatizzare processi che fino a quel momento venivano fatti manualmente.
Non ci stavano un numero sufficienti sviluppatori per tutto quel carico di lavoro.
Dopo 40 anni ci ritroviamo grossomodo nella stessa situazione.
Il divario che c’è tra la richiesta di sviluppo software e gli sviluppatori disponibili è enorme.
Secondo questo articolo nel 2020 ci sono in totale quasi 27 milioni di sviluppatori professionisti in tutto il mondo.
Lo sviluppo no-code nasce quindi dalla necessità di andare incontro a chi non ha le competenze tecniche ma ha un’idea di prodotto o servizio digitale che vorrebbe sviluppare.
Le piattaforme no-code oggi in circolazione non sono altro che l’evoluzione di esperimenti innovativi iniziati anni fa da gruppi più o meno grandi di makers digitali.
Il nocode è solo un modo nuovo di chiamare cose che utilizziamo da tempo
Se dovessimo seguire alla lettera la definizione di no-code:
piattaforme che permettono di creare applicazioni web e app mobile in maniera visuale senza la necessità di dover programmare
allora piattaforme come WordPress, Wix ecc, che esistono da più di 10 anni, possono essere considerate della piattaforme no-code.
Anche piattaforme famose come Bubble, Webflow o Squarespace esistono da parecchi anni eppure se ne sente parlare solo adesso.
Le motivazioni secondo il mio parere sono due
La prima è che queste piattaforme sono diventate mature solo da un paio di anni a questa parte.
Mi ricordo quando nel 2016 ho iniziato ad affacciarmi al mondo delle piattaforme nocode. Sarò sincero, funzionavano poco e male ma comunque avevano una grande potenzialità.
Il secondo motivo è stato sicuramente l’avvento della pandemia di COVID-19 che ha accelerato tutto quello che è legato al mondo digitale.
Centinaia di milioni di persone sono state costrette a rimanere a casa, in tantissimi si sono ritrovati da un giorno all’altro senza lavoro.
Il no-code è stato un mezzo per riscattarsi
Il 2020 ha visto un incremento esponenziale di utilizzatori di piattaforme di sviluppo senza codice, di investimenti in questo settore, di startup digitali avviate in pochi mesi e che hanno realizzato interamente in nocode prodotti e servizi di successo.
Ho raccolto un pò di statistiche sul movimento nocode nel 2020, ti consiglio di leggerle.
Ma allora adesso che fine faranno gli sviluppatori se adesso si riesce a fare tutto con lo sviluppo no-code?
Questa domanda è lecita ma è posta nel modo e nel momento sbagliato.
Prima di tutto, con lo sviluppo senza codice non ci puoi fare tutto, ma è solo un modo rapido ed a basso costo per creare il tuo prodotto con le funzionalità principali e testare il mercato.
Ho scritto un articolo a riguardo, puoi approfondire andando a leggere che cosa è il nocode.
Secondo poi, mai come in questo momento la figura dello sviluppatore è importante
- per rendere sempre più performanti le piattaforme di sviluppo no-code
- per seguire nelle fasi successive alla validazione di mercato tutte quelle startup a cui il servizio/prodotto sviluppato in no-code inizia ad essere un fattore limitante per la crescita del loro business
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